Il Lager di Hindenburg. La strage del 27 gennaio 1945 by Renzo Pellegrini

Il Lager di Hindenburg. La strage del 27 gennaio 1945 by Renzo Pellegrini

autore:Renzo Pellegrini [Pellegrini, Renzo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788832281422
editore: Argot
pubblicato: 2020-01-14T23:00:00+00:00


III

Il cannoneggiamento sovietico sulla città era continuo.

Giorno e notte. Il Lager, prossimo alle officine minerarie, era esposto ai colpi.

Nelle baracche sbrecciate, i tetti perforati, non era possibile restare. Presto ci trovammo divisi fra chi preferiva una rapida partenza verso l'interno della Germania e chi proponeva di attendere l'arrivo dei sovietici.

Nei magazzini alimentari del campo, sorvegliati dal Lagerfuhrer italiano, un maresciallo di carriera in su con l'età, scarseggiavano le scorte dei viveri. Molti ne chiesero la distribuzione appellandosi alla libertà di fuggire; proteggerle divenne arduo.

I pericoli nel campo, nelle baracche, sotto il tiro dei mortai russi, si fecero sempre più fitti. si diffuse la voce che il comandante fosse fuggito.

Il personale degli uffici amministrativi e dei lavori esterni, tecnici e sorveglianti, era come dissolto.

Sparito.

Fuori e dentro la zona mineraria, Lager compreso, si erano attestati dei soldati in divisa bianca, con le batterie dei cannoni. Non tolleravano le nostre apparizioni fuori delle baracche.

Il capocampo strappò il consenso di trasferirci in un caseggiato di mattoni col tetto solido dov'erano ubicati lo spogliatoio e il bagno dei minatori.

Sotto era stato ricavato un Bunker (rifugio) con un'unica porta.

Per raggiungerlo bisognava attraversare uno spiazzo vasto, dove si mescolavano, fra i mucchi di carbone, i carrelli in gran parte rovesciati. Di fronte al Bunker, a una ventina di metri, c'era il "pozzo" con le ruote bloccate.

La campana che segnalava l'immersione e la risalita degli ascensori era muta da parecchi giorni ormai. Sul carbone, sui carrelli, sui vagoni, sui carri, sul terreno massacrato dagli obici, sugli attrezzi abbandonati, sugli alberi divelti, sui tetti, sulle macerie: la neve. Tanta neve!

Il trasloco dal campo al Bunker non fu condiviso da tutti. In quattro, Ezio ed Enzo, Danilo ed io, pur essendo legati da salda amicizia, ci separammo.

Il nostro era un legame fatto di tante cose: un lungo tratto di vita militare; la cattura e la prigionia patite fianco a fianco; i mesi, i luoghi, i lavori condivisi in Germania e Polonia; le reciproche regioni di provenienza, la parlata, i profumi di casa, dei cibi, degli usi, della gente. Veneti, Danilo ed Ezio, di Vicenza e Verona. Toscani, Enzo ed io, di Massa e di Lucca. Danilo ed Ezio oggi abitano a Verona. Enzo a Cuneo. Io a Viareggio.

Siamo quattro pensionati settantenni, chi più chi meno, con un lungo scampolo di vita parallela e una tremenda avventura in comune.

Nel Bunker si ritrovarono i più: ammassati, litigiosi, scalmanati, collerici.

La paura non consente la solidarietà.

Restò nelle baracche chi non volle rinunciare alla disponibilità di un letto. Sul giaciglio più elevato di un "castello" a tre, un nostro compagno fu investito da una gragnuola di proiettili.

Rientrato da Zabge sono andato a trovare Danilo. Mi ha detto: "Ricordi? Il sangue colava, caldo, dal materasso".

Non è questo il solo episodio che devo alla memoria, più fervida della mia, di Danilo.

Insieme, tra il Lager e il Bunker, trovammo una terza soluzione: il sottosuolo della miniera. Nella profondità d'una galleria cercammo insistentemente di trascinare Ezio ed Enzo. Invano. A loro avviso discendere in miniera senza l'ascensore era un'impresa irrealizzabile.



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